Umiliazioni imposte alla vittima; atteggiamenti prevaricatori; percosse, lesioni, ingiurie, esercizio reiterato di minacce e restrizioni della libertà di movimento; dichiarazioni delle persone offese.

Quando si configura il reato di maltrattamenti in famiglia? Sussiste anche quando nella condotta dell’agente si riscontrano periodi di normalità e di accordo con la vittima? Occorre il requisito della convivenza? Per avere maggiori informazioni, leggi le ultime sentenze contenute in questo articolo.

Indice

Reato di maltrattamenti in famiglia

La Cassazione non individua profili di incostituzionalità della norma penale che prevedendo il reato di maltrattamenti in famiglia lo appesantisce se commesso “in presenza” o “in danno” di un minore. Aggravante che comporta un aumento di pena fino alla metà senza fare distinguo tra le due ipotesi ai fini della dosimetria della pena. L’annoveramento dei figli minori nella categoria dei soggetti deboli ha comunque la sua specificità che, per la Cassazione, consente di emettere un giudizio di pari gravità tra l’essere il minore presente al reato o esserne la vittima diretta.

Cassazione penale sez. III, 27/04/2022, n.21024

Assenza abitualità della condotta

Fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona (annullata l’ordinanza cautelare emessa nei confronti di un uomo in ragione della natura episodica dei fatti aggressivi posti in essere nei confronti dei suoi genitori a seguito di une serie di rimproveri).

Cassazione penale sez. VI, 20/04/2022, n.21646

Configurabilità del reato

In tema di maltrattamenti in famiglia rileva l’esistenza di relazioni abituali tra il soggetto attivo e quello passivo, di cui la convivenza materiale è solo eventuale aspetto estrinseco del fatto originario del legame affettivo, producente una convivenza psicologica, determinate da continuativi rapporti o strette relazioni che dovrebbero generare rispetto e solidarietà e che invece diventano precondizione delle sopraffazioni (confermata, nella specie, la responsabilità dell’imputato potendosi catalogare come stabile la relazione tra uomo e donna, poiché caratterizzata dalla frequentazione quotidiana e dai weekend trascorsi assieme a casa dell’uno o dell’altra).

Cassazione penale sez. III, 30/03/2022, n.18079

Condotta commissiva dei maltrattamenti in famiglia

Il delitto di maltrattamenti in famiglia si caratterizza per la sussistenza di una pluralità di una serie fatti commissivi od omissivi che abbia instaurato uno vero e proprio sistema di vita di relazione abitualmente dolorosa ed avvilente per la vittima, connotata da sofferenza e privazione della libertà di espressione della personalità, sfociata in una incapacità prolungata di reagire e di opporsi.

Tribunale Torino, 21/03/2022, n.183

Maltrattamenti in famiglia e abuso dei mezzi di correzione

Ciò che caratterizza il reato di maltrattamenti in famiglia è una posizione di subalternità della vittima rispetto al soggetto agente, la sussistenza del reato non è esclusa da eventuali situazioni di reciprocità di aggressività tra le parti, mentre lo è in caso di assoluta equivalenza dei livelli di aggressività ed intensità. Ciò fa si che possa ritenersi integrato il reato di maltrattamenti in famiglia anche tra genitore e figlio, quando un uso sistematico della violenza, come ordinario modo di trattamento anche quando sia sostenuto da un animus corrigendi, un abuso dei mezzi di correzione, quando determini una situazione di assoluta sottomissione del figlio.

Tribunale Udine, 15/03/2022, n.423

Richiesta di impugnazione presentata dalla Parte Civile

È inammissibile l’appello presentato dal Procuratore Generale che, oltre ad essere stato scritto di pugno contenga esclusivamente un riferimento per relationem alla richiesta di impugnazione presentata dalla Parte Civile in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia e contrassegnato da una totale generalità in ordine ai rapporti sussistenti tra i familiari coinvolti, definendo semplicemente “particolarità dei rapporti” senza chiarimento alcuno.

Corte appello Napoli sez. III, 09/03/2022, n.2081

Reato di maltrattamenti assorbe quello di percosse e minacce gravi

Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, ma non quello di lesioni, attesa la diversa obiettività giuridica dei reati.

Tribunale Gorizia, 07/03/2022, n.685

Condotte minacciose e aggressive reiterate

In tema di maltrattamenti in famiglia, non possono ritenersi sporadici e dunque non integranti il reato de quo, le condotte del soggetto agente che abbia tenuto costantemente un atteggiamento aggressivo, fisicamente e verbalmente, nei confronti dei propri congiunti, creando un ambiente familiare aggressivo ed ostile che abbia determinato nelle vittime uno stato di timore tale da non restare neppure in casa da sole con il prevenuto.

Corte appello Napoli sez. III, 04/03/2022, n.1060

Accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali

Il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risulta violato quando nei fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non sia possibile individuare un nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono, tra loro, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità, rendendo impossibile per l’imputato difendersi (nella specie, relativa all’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali commesse a danni di alcuni anziani ospiti della casa-famiglia gestita dall’imputato, il fatto storico era rimasto sostanzialmente immutato, essendosi contestato all’imputato di aver somministrato ad una delle persone offese farmaci ad azione psicotropa in modo abnorme ed al fine di ridurre l’anziano ospite della casa famiglia in uno stato di costante sopore; ciò che era mutata, quindi, non era la descrizione della condotta, bensì l’individuazione delle conseguenze della stessa, posto che a fronte della più grave contestazione iniziale dell’aver cagionato la morte della persona offesa, era stata riconosciuta la più lieve ipotesi dell’aver messo in pericolo di vita della stessa, in tal modo ritenendo sussistente l’aggravante delle lesioni gravi).

Cassazione penale sez. VI, 24/02/2022, n.15142

Maltrattamenti: cittadino musulmano non può invocare a propria discolpa differenze culturali e religiose

Il reato di maltrattamenti in famiglia, in quanto reato abituale proprio, sorretto da dolo generico, è integrato da continue vessazioni, reiterate nel tempo e con nesso di abitualità, tali da imporre un vero e proprio sistema di sofferenze, sotto forma di predominio violento, fisico e morale, sulla vittima (nella specie consistite nell’imposizione del velo islamico alla moglie, nata e cresciuta in Italia, nello strattonamento per strada, nel colpirla con calci e pugni fuori e dentro l’abitazione, nell’umiliarla calpestando le patatine comprate, nel tentare di colpirla con il pugnale, nell’aggredirla con un coltello mentre era in stato di gravidanza, donde la ravvisata sussistenza dell’aggravante del comma 2), indipendentemente dal credo personale o religioso del reo, soggetto di nazionalità straniera (nella specie, marocchino musulmano), il quale non può invocare a propria discolpa differenze culturali e religiose ovvero rivendicare particolari potestà quale capo del proprio nucleo familiare per giustificare i propri comportamenti in danno della moglie, persona libera ed uguale nel diritto italiano, incompatibili con l’ordinamento giuridico e con la regolamentazione dei rapporti interpersonali perché egli ha scelto di vivere in Italia, dove assume centralità il rispetto della persona umana nell’ambito di una società civile multietnica.

Tribunale Lecce sez. II, 23/02/2022, n.531

Sofferenze fisiche o morali

Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia non è necessario che l’agente abbia perseguito particolari finalità né il pravo proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo ed abituale, essendo costituito l’elemento unificatore dei singoli episodi da un dolo unitario e pressoché programmatico che abbraccia e fonde le diverse azioni. A tal fine non occorre che debba essere fin dall’inizio presente una rappresentazione della serie degli episodi maltrattanti, poiché quel che la legge impone è la coscienza e volontà di commettere una serie di fatti lesivi della integrità fisica e della libertà o del decoro della persona offesa in modo abituale.

Tribunale Taranto sez. I, 18/02/2022, n.426

Condotta oppressiva e prevaricatoria

Il delitto di maltrattamenti in famiglia è “condotta plurima” in quanto caratterizzato oggettivamente da una serie di azioni od omissioni tali da poter considerare la condotta sopraffattrice dell’agente come comportamento assunto “a sistema”, sicché tale connotato esclude che il reato possa ritenersi integrato da un episodio di mera occasionalità o dovuto a dolo d’impeto, isolato e frammentario.

Ai fini dell’elemento soggettivo, il richiesto dolo generico consiste nell’inclinazione della volontà dell’agente ad una condotta oppressiva e prevaricatoria che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando e confermando come una sua consapevolezza di persistere in un’attività illecita, posta in essere già altre volte, essendo necessario un nesso psicologico comune a tutti i singoli episodi.

Tribunale Potenza, 17/02/2022, n.1517

Maltrattamenti in famiglia: può concorrere con l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori?

In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, è configurabile il concorso del primo con l’ipotesi aggravata del secondo in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale, nonostante la persistente condivisa genitorialità.

(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato il concorso tra i due reati, sul presupposto della diversità dei beni giuridici tutelati, ritenendo integrato quello di maltrattamenti in famiglia fino alla data di interruzione del rapporto di convivenza e poi, dalla cessazione di tale rapporto, quello di atti persecutori).

Cassazione penale sez. VI, 16/02/2022, n.10626

Maltrattamenti in famiglia: condotta materiale integrante il reato

Non integra il reato di maltrattamenti in famiglia la condotta del soggetto, caratterizzata da aggressioni per lo più verbali, che si siano protratte per un breve arco temporale in un rapporto di coppia durato molti anni, e comunque anche in detto periodo alternate a periodi di attività familiari positive. Sostanzialmente, non integra la predetta fattispecie criminosa, attuazione un preciso disegno, la condotta che non sia volta a limitare la libertà della vittima, non imponendo un regime di vita vessatorio e sacrificante. Le azioni poste in essere, pertanto, possono al massimo integrare singole fattispecie di reato (minacce, percosse etc) ove le configurino.

Tribunale Taranto sez. I, 14/02/2022, n.371

Persona non più convivente

Il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche nei confronti di persona non più convivente quando l’agente conserva con la vittima una stabilità di rapporti dipendente dai doveri connessi alla filiazione per la perdurante necessità di adempiere gli obblighi di cooperazione nel mantenimento, educazione, istruzione ed assistenza morale del figlio, anche naturale, derivante dall’esercizio congiunto della potestà genitoriale, in tal caso, il reato di maltrattamenti, nel rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall’articolo 612-bis del Cp, assorbe anche quello di atti persecutori, il quale si configura, invece, nella forma aggravata prevista dal comma 2, in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilati) o determinati dalla sua esistenza e sviluppo, continuino nonostante la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare o comunque della sua attualità.

Tribunale Napoli sez. V, 08/02/2022, n.674

Maltrattamenti in famiglia: integrazione del reato in generale.
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Il reato di maltrattamenti in famiglia si perfeziona quando sano poste in essere un numero minimo di condotte violente e sopraffattrici, idonee e finalizzate a determinare la sopraffazione del soggetto agente ai danni delle sue vittime, anche quando tale atteggiamento non costituisca l’unico atteggiamento tenuto tra i coniugi. Infatti, ai fini dell’integrazione non è necessario che la condotta venga posta in essere per un tempo prolungato, ma piuttosto che la ripetizione degli atti avvenga per un tempo prolungato.

Tribunale Taranto sez. I, 08/02/2022, n.206

Regime di vita persecutorio e umiliante

In tema di reato di maltrattamenti in famiglia, integra gli estremi del reato la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un’altra persona, che ne rimane succube, imponendole un regime di vita persecutorio e umiliante.

Tribunale Bari sez. II, 07/02/2022, n.381

Coniuge sottoposto da anni a vessazioni ed aggressioni fisiche e verbali

Integra il reato di maltrattamenti in famiglia, rappresentando l’evidente esternazione di un quadro criminoso unitario, la condotta del prevenuto che abbia per anni sottoposto la coniuge a vessazioni ed aggressioni fisiche e verbali peggiorate con la malattia della vittima, unitamente alle condotte tenute anche successivamente alla separazione (quali far venir meno i mezzi di sussistenza e appropriazione sine titulo della casa familiare).

Tribunale Taranto sez. I, 26/01/2022, n.166

Intervalli di normalità dei rapporti tra soggetto agente e vittima

Il delitto di maltrattamenti in famiglia, quale reato abituale, non resta escluso se, nel tempo considerato, vi siano parentesi di normalità nella condotta dell’agente o di accordo con i familiari, con la conseguenza che un intervallo di tempo tra una serie e l’altra di episodi lesivi dell’integrità fisica o morale del soggetto passivo non fa venire meno l’esistenza del reato.

Tribunale Frosinone, 24/01/2022, n.146

Maltrattamenti in famiglia: elemento materiale

Il reato di cui all’art. 572 c.p. consiste nella sottoposizione dei familiari ad una serie di atti di vessazione continua, tali da cagionare loro sofferenze, privazioni, umiliazioni, le quali costituiscono fonte di un disagio incessante ed incompatibile con normali condizioni di vita. Si tratta di comportamenti volgari, irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere dall’imputato nei confronti della persona offesa, realizzatrici di un regime di vita avvilente e mortificante.

Tribunale Pescara, 19/01/2022, n.17

Maltrattamenti in famiglia ed estorsione: unico disegno criminoso

Integra i reati di maltrattamenti in famiglia e di estorsione il complesso disegno criminoso attuato dal figlio che rivolga pressanti e quotidiane richieste di denaro nei confronti della madre, al fine di acquistare sostanze stupefacenti, agendo con violenza fisica e verbale, su cose e persone, nonché con minacce, tanto da porre in essere una complessa condotta vessatoria cronicizzata tanto da diventare stile di vita, causando nella vittima forti sofferenze morali, ansia e timori, tanto da rendere insostenibile la convivenza.

Corte appello Taranto, 19/01/2022, n.981

Attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa

Integra il reato di maltrattamenti in famiglia la condotta perpetrata per anni dal prevenuto nei confronti del coniuge, alla presenza nonché ai danni anche dei figli, mediante vessazioni fisiche e psicologiche finalizzate a creare un clima di soggiogazione delle vittime. A nulla rilevando ai fini della configurabilità del reato né tantomeno dell’attendibilità della vitta, il fatto che quest’ultima abbia deciso di sporgere querela solo dopo aver patito per molti anni gli abusi del coniuge, ciò nella convinzione che le cose fossero risolvibili e migliorabili.

Tribunale Nola, 18/01/2022, n.2251

Maltrattamenti del convivente alcolista

Il convivente alcolista che ha commesso il reato di maltrattamenti in famiglia contro la propria compagna può essere sottoposto a misure che ne limitano la libertà personale, al fine di scongiurare il rischio di reiterazione della condotta criminosa. Tuttavia, la gradazione della limitazione della libertà personale deve essere approfonditamente valutata al momento dell’adozione della misura. A ricordarlo è la Cassazione bocciando la decisione del Tribunale del riesame che, nel confermare la misura cautelare degli arresti domiciliari, non aveva preso in considerazione alcune circostanze di fatto che potevano far propendere per l’applicazione di una misura di sicurezza come l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento alla parte offesa e ai luoghi da essa frequentati oppure il divieto di dimora nel medesimo Comune della vittima. Nel caso di specie, infatti, vi era stata la fine della convivenza, il cambio di residenza e la presa di contatto con il Sert del luogo della nuova dimora, tutti elementi che non sono stati in alcun modo valorizzati dai giudici.

Cassazione penale sez. VI, 18/01/2022, n.4213

Maltrattamenti in famiglia: elementi oggettivi e soggettivi

Il reato di maltrattamenti in famiglia è reato necessariamente abituale caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, i quali, isolatamente considerati, potrebbero anche essere non punibili (quali atti di infedeltà o di umiliazione generica) ovvero non perseguibili (quali ingiurie, percosse o minacce lievi, procedibili solo a querela), ma che acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo; esso si perfeziona allorché si realizza un minimo di tali condotte – delittuose o meno – collegate da un nesso di abitualità e non resta escluso se, nel tempo considerato, vi siano parentesi di normalità nella condotta dell’agente o di accordo con i familiari, con la conseguenza che un intervallo temporale tra una serie e l’altra di episodi lesivi dell’integrità fisico-morale del soggetto passivo non fa venire meno l’esistenza del reato.

A fini della configurabilità dell’elemento oggettivo, non è richiesta una totale soggezione della vittima al soggetto attivo, in quanto la norma, nel reprimere l’abituale attentato alla dignità e al decoro della persona, tutela la normale tollerabilità della convivenza, mentre per la sussistenza dell’elemento soggettivo non si richiede un’intenzione di sottoporre il familiare in modo continuo ed abituale ad una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell’agente di persistere in una attività vessatoria e prevaricatoria, già posta in essere altre volte, la quale rilevi, attraverso l’accettazione dei singoli episodi, un’inclinazione della volontà a maltrattare una o più persone conviventi.

Tribunale Frosinone sez. II, 17/01/2022, n.79

Singoli episodi violenti

Non integrano il reato di maltrattamenti in famiglia singoli e sporadici episodi di violenza fisica e/o verbale, ben circostanziati in una situazione di forte acredine tra le parti, ciò in quanto in siffatta situazione non si instaura un regime di volontaria e cosciente sopraffazione del soggetto agente sulla vittima, che costituisce elemento soggettivo del reato di maltrattamenti. Dette condotte di fatto restano dell’alveo dei singoli reati.

Corte appello Taranto, 10/01/2022, n.994

Addebito della separazione

Ai fini dell’addebito della separazione, la condotta del coniuge che si sia reso più volte responsabile nei confronti dell’altro coniuge, di gravi episodi tali da integrare i reati di ingiuria, minacce, percosse, lesioni e maltrattamenti in famiglia, integra certamente il “comportamento consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio” costituente il presupposto dell’addebito medesimo.

Tribunale Savona, 30/12/2021, n.981

Sistematicità della condotta e creazione di un sistema di vita avvilente

La frequenza, la sistematicità e la gravità oltre che degli insulti, delle minacce e delle percosse anche di una condotta generale, pur meno appariscente, tesa a porre la vittima in un sistema di vita avvilente, in uno stato di soggiogazione integrano indubbiamente sia dal punto di vista oggettivo sia da quello soggettivo il reato di maltrattamenti.

Tribunale Taranto sez. I, 02/07/2021, n.1297

Maltrattamenti in famiglia: reato abituale proprio

Il reato di maltrattamenti in famiglia è un reato abituale in quanto per la sua configurabilità è necessario che le condotte che lo compongono non siano sporadiche, ma ripetute nel tempo, sostanziandosi in comportamenti successivi tra loro, che diventano, proprio per effetto della loro reiterazione, giuridicamente rilevanti anche quando singolarmente non costituiscano di per sé reato; è, inoltre, un reato ‘proprio’ poiché l’art. 572 c.p. pone al centro della sua disciplina il particolare vincolo sussistente tra il soggetto agente e la persona offesa, vincolo che deve possedere caratteristiche tali da generare un rapporto stabile di affidamento e solidarietà.

Tribunale Alessandria sez. I, 01/07/2021, n.530

Atti di disprezzo e di offesa alla dignità della vittima

Il delitto di maltrattamenti in famiglia non é integrato soltanto delle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali (fattispecie in cui l’imputato aveva impedito alla moglie di tenere relazioni sociali e la faceva oggetto di ripetute violenze e vessazioni).

Cassazione penale sez. VI, 30/06/2021, n.29190

Reazione della vittima

Ai fini della responsabilità per il reato di maltrattamenti in famiglia non rileva come scriminante della condotta violenta la circostanza che la vittima in alcuni casi risponda a tono alle aggressioni verbali, posto che ai fini dell’integrazione del reato non prescritta alcuna necessità che la vittima si sia sempre astenuta da qualsivoglia reazione.

Tribunale Salerno sez. III, 21/06/2021, n.1824

Situazione di elevata conflittualità

Perché sussista il reato di maltrattamenti in famiglia è necessario che la condotta vessatoria e violenta sia caratterizzata da abitualità; mentre singoli episodi violenti inseritisi in un contesto di grave attrito ed elevata conflittualità nella coppia, caratterizzato da numerosi litigi cui entrambi davano causa e partecipavano attivamente senza che una delle parti subisse passivamente la condotta, non consentono di ritenere integrati gli elementi propri del predetto reato.

Tribunale Pescara, 26/05/2021, n.1307

Maltrattamenti in famiglia: ipotesi

Non costituisce fatto dirimente la sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia la circostanza che la vittima per un periodo abbia lavorato lontano da casa e che pertanto la convivenza non fosse quotidiana e che le violenze e le sopraffazioni si limitassero al solo fine settimana.

Tribunale Pescara, 19/05/2021, n.1260

Maltrattamenti in famiglia: elemento oggettivo

Rientrano nella nozione di maltrattamenti le condotte di violenza fisica e verbale poste in essere, con permanenza e continuità, nei confronti del coniuge durante la convivenza, anche in presenza dei figli manifestando ulteriormente disinteresse nei confronti di questi ultimi. Tali condotte integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 572 c.p.

Tribunale Lecce sez. II, 12/05/2021, n.1269

Abitualità della condotta

Il delitto di maltrattamenti in famiglia è costituito da una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o meno, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi ma collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica consapevolezza criminosa di ledere l’integrità fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo, cioè, in sintesi, di infliggere abitualmente tali sofferenze. Ad integrare l’abitualità della condotta non è necessario che la stessa venga posta in essere in un tempo prolungato, essendo sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, come sopra caratterizzati ed “unificati”, anche se per un limitato periodo di tempo.

Corte appello Ancona, 07/05/2021, n.256

Caratteristiche oggettive della condotta vessatoria

Il reato di maltrattamenti si caratterizza per una condotta vessatoria abituale o reiterata nel tempo, che si concretizzano mediante un nesso di abitualità delle azioni seppur non è necessario che il comportamento vessatorio sia continuo ed ininterrotto, ma è sufficiente che i vari episodi siano legati dal dolo unitario della condotta oppressiva, prevaricatrice con la consapevolezza del colpevole di compiere le singole sopraffazioni nel medesimo disegno criminoso di sottomissione della vittima.

Tribunale Nola, 03/05/2021, n.806

Situazione di disagio e sofferenza

Per la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia non è necessaria un’assoluta soggezione della vittima e la circostanza che la stessa reagisse nei momenti in cui il marito dava in escandescenza, rispondendo alle offese valorizza la sussistenza dell’elemento materiale del reato evidenziando la situazione di disagio e sofferenza patita dalla p.o.

Corte appello Ancona, 30/04/2021, n.212

Condotta integrante la fattispecie di reato

La condotta tenuta dalla madre assoluto disinteresse per le esigenze dei figli, caratterizzata da violenza, offese e vessazioni psico-fisiche, tale da determinare una condizione di profonda prostrazione e sofferenze fisiche e psichiche dei minori, è tale da integra tutti gli elementi propri del reato di maltrattamenti in famiglia.

Tribunale Nola, 28/04/2021, n.594

Assenza di abitualità nelle condotte violente

Perché sia integrato il reato di maltrattamenti in famiglia non è necessario che tutti i singoli comportamenti della condotta vessatoria siano singolarmente qualificabili come reati, purché sia sussistente l’abitualità della condotta. In caso di assenza di abitualità della condotta di sopraffazione ed in singoli e sporadici episodi di aggressività, questi non presentano neppure gli elementi propri del reato di percosse qualora siano stati posti in essere dall’agente durante la tossicodipendenza, sotto l’effetto di sostanze e siano ricollegabili ai tentativi della vittima di riportarlo ad una vita salubre.

Tribunale Pescara, 22/04/2021, n.881

Numero di episodi di violenza fisica

Non è corretta l’assoluzione del maestro, imputato per il reato di maltrattamenti, giustificata dal numero limitato di episodi di violenza fisica in un dato lasso di tempo, e dunque non abituali, e dal fatto che il suo comportamento andava ascritto a una modalità dello ius corrigendi applicata in maniera brusca come tratto tipico maschile. A stabilirlo è la Cassazione, bocciando la riqualificazione disposta dai giudici di merito nel reato di percosse, perseguibili su querela, dei singoli episodi violenti non correlati a umiliazioni morali subite dai bambini.

Cassazione penale sez. VI, 20/04/2021, n.24462

Condotte ripetute in un limitato arco di tempo

Il reato di maltrattamenti non presuppone che ogni singola condotta di violenza morale o fisica costituisca di per sé reato, purché tali condotte siano legate tra loro da un nesso di abitualità. Non è necessario, inoltre, che tali atti siano posti in essere per un tempo prolungato, essendo sufficiente la loro ripetizione, anche se in un limitato arco temporale: ciò che rileva, pertanto, è l’effetto di vessazione sulla vittima, che viene posta in grave stato di soggezione di fronte alla figura maltrattante.

Cassazione penale sez. VI, 20/04/2021, n.24462

Sistematicità nella condotta lesiva

Il delitto di maltrattamenti in famiglia postula il sistematico, cosciente e volontario compimento di atti di violenza fisica e morale in danno della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali per quest’ultima, nei cui confronti viene così posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica tale da rendere particolarmente dolorosa ed umiliante la stessa convivenza familiare.

Cassazione penale sez. VI, 15/04/2021, n.35262

Atti di disprezzo e di offesa alla dignità

I maltrattamenti in famiglia integrano, come noto, un’ipotesi di reato necessariamente abituale che si caratterizza per la sussistenza di comportamenti che acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo. Tali comportamenti possono consistere in percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche in atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali. In ogni caso, si deve trattare di comportamenti idonei ad imporre alla persona offesa un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (nella specie, era emersa una convivenza contraddistinta da un sistema abituale di sopraffazioni e umiliazioni instaurato dall’imputato nei confronti della moglie, creando in costei uno stato di sudditanza, protrattosi negli anni, sebbene le violenze fisiche fossero meno frequenti delle aggressioni verbali, ingiurie, comportamenti denigratori delle sua qualità di madre e di moglie, e delle minacce che avevano scandito negli anni la vita quotidiana della coppia).

Cassazione penale sez. VI, 09/04/2021, n.18316

Trattamento sanzionatorio

In tema di maltrattamenti in famiglia, a fronte di condotte che abbiano avuto inizio prima della legge 1 ottobre 2012, n. 172, ma siano proseguite in epoca successiva, trova applicazione il più severo trattamento sanzionatorio previsto da detta legge, stante l’unitarietà del reato abituale, in cui ogni nuova azione si salda a quelle precedenti, trasferendo il momento della consumazione all’ultima delle condotte tipiche realizzate, salvo il caso in cui le condotte maltrattanti poste in essere dopo la modifica normativa siano intervenute dopo un significativo intervallo temporale, tale da far propendere per la autonomia dei fatti, eventualmente unificabili nel vincolo della continuazione.

Cassazione penale sez. VI, 31/03/2021, n.24710

Il dolo

Il dolo del reato i maltrattamenti è generico, non implicando, pertanto, l’intenzione di sottoporre la vittima, in modo continuo e abituale, ad una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell’agente di persistere in un’attività vessatoria.

Cassazione penale sez. VI, 30/03/2021, n.25914

Lo stato di inferiorità psicologica della vittima

In tema di maltrattamenti in famiglia, lo stato di inferiorità psicologica della vittima non deve necessariamente tradursi in una situazione di completo abbattimento, ma può consistere anche in un avvilimento generale conseguente alle vessazioni patite, non escludendo sporadiche reazioni vitali e aggressive della vittima la sussistenza di uno stato di soggezione a fronte di soprusi abituali.

Cassazione penale sez. VI, 30/03/2021, n.25914

Maltrattamenti in famiglia in presenza del minore

In tema di maltrattamenti in famiglia non vi è continuità normativa tra l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di un minore e l’aggravante (comune) di aver commesso il fatto alla presenza di un minore (che è fattispecie più severa, dunque inapplicabile retroattivamente); in caso di maltrattamento commesso alla presenza del minore, dunque, è possibile sospendere l’esecuzione della pena.

Cassazione penale sez. I, 24/01/2019, n.12653

Delitto di maltrattamenti in famiglia: quando si configura?

Il delitto di maltrattamenti in famiglia non è integrato soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, quali ad esempio, come nel caso de quo, la costrizione della moglie a sopportare la presenza di una concubina.

Cassazione penale sez. VI, 30/05/2019, n.35677

Flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia: requisiti

È configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorchè il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti.

(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente era stata desunta la flagranza del reato sulla base della constatazione da parte delle forze dell’ordine delle condizioni dell’abitazione, delle modalità con le quali era stato richiesto l’intervento d’urgenza, delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina per sottrarsi all’aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre, ingiuriandola con epiteti vari).

Cassazione penale sez. VI, 16/01/2019, n.7139

Minacce e privazione della funzione genitoriale

Integra il delitto maltrattamenti in famiglia, oltre che l’esercizio reiterato di minacce e restrizioni della libertà di movimento di una donna componente del gruppo familiare, anche la sostanziale privazione della sua funzione genitoriale, realizzata mediante l’avocazione delle scelte economiche, organizzative ed educative relative ai figli minori e lo svilimento, ai loro occhi, della sua figura morale.

Cassazione penale sez. V, 25/03/2019, n.21133

Sequestro di persona e maltrattamenti in famiglia

Non è configurabile il rapporto di specialità tra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di sequestro di persona, giacché sono figure di reato dirette a tutelare beni diversi e poi, l’uno, è integrato dalla condotta di programmatici e continui maltrattamenti psico-fisici ai danni di famigliari e, l’altro, da quella di privare taluno della libertà personale; sicché il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 c.p., soltanto quando le condotte di arbitraria compressione della libertà di movimento della vittima non sono ulteriori ed autonome rispetto a quelle specificatamente maltrattanti.

Cassazione penale sez. V, 11/03/2019, n.14995

Atti persecutori e maltrattamenti in famiglia: quando sussiste concorso formale

È operativo il divieto del “ne bis in idem” determinato dal giudicato, anche ove si reputi che tra le due fattispecie, di atti persecutori e maltrattamenti in famiglia, sussista un rapporto di concorso formale di reati. Ai fini della preclusione in questione, l’identità del fatto deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova incriminazione, senza confrontare gli elementi delle fattispecie astratte di reato.

Pertanto, a prescindere dalla natura dei rapporti tra la fattispecie di atti persecutori e di maltrattamenti in famiglia – concorso apparente di norme per specialità o per consunzione, o concorso formale – la pronuncia di una sentenza irrevocabile in ordine a una delle due figure di reato che abbia avuto a oggetto il medesimo fatto storico rilevante per l’altra, preclude necessariamente l’esercizio o la prosecuzione dell’azione penale in relazione a quest’ultima.

Cassazione penale sez. V, 15/02/2019, n.24445

Percosse e minacce

Se il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce anche gravi, la condotta minacciosa costituisce una particolare modalità attraverso cui viene a realizzarsi la fattispecie di maltrattamento.

A maggior ragione ciò è vero allorché, come nel caso di specie, le contestate minacce, originariamente previste in un’autonoma imputazione, siano finalizzate proprio al maltrattamento, evenienza chiaramente evincibile laddove era stata anche contestata l’aggravante della connessione teleologica ex art. 61, n. 2 c.p.

Cassazione penale sez. VI, 12/02/2019, n.16855

Maltrattamenti in famiglia: l’opposizione della vittima esclude il reato?

In tema di maltrattamenti in famiglia, il reato deve ritenersi sussistente, sotto l’aspetto materiale, tutte le volte in cui, lungi dal rappresentare espressione di episodiche manifestazione di atteggiamenti prevaricatori, le condotte di uno dei componenti del nucleo familiare, pur se intervallate nel tempo e persino se contrastate, ma infruttuosamente, dalla vittima, abbiano finito per concretare una stabile alterazione di quelle relazioni e, così, per comportare una sostanziale compromissione della dignità morale e fisica della persona offesa.

Cassazione penale sez. VI, 07/02/2019, n.8312

La condanna di maltrattamenti in famiglia

La commissione, da parte dello straniero, del reato di maltrattamenti in famiglia osta al rilascio del permesso di soggiorno per lungo periodo, anche nel caso in cui la relativa condanna non sia definitiva.

T.A.R. Firenze, (Toscana) sez. II, 04/02/2019, n.169

Maltrattamenti in famiglia e danni del minore

Non costituisce titolo ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione di pene detentive ai sensi dell’art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. il delitto di maltrattamenti in famiglia aggravato ex art. 61, n. 11-quinquies, c.p. per essere stato il fatto commesso in presenza di un minore di anni quattordici, atteso che non sussiste continuità normativa tra detto delitto e l’ipotesi aggravata di maltrattamenti in danno di un minore di anni quattordici, contemplata dal previgente art. 572, comma 2, c.p., al quale la suddetta lett. a) seguita a fare formale rinvio.

Cassazione penale sez. I, 24/01/2019, n.12653

Violenze, offese e umiliazioni reciproche

In tema di maltrattamenti in famiglia, integra gli estremi del reato la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un’altra persona, che ne rimane succube, imponendole un regime di vita persecutorio e umiliante, che non ricorre qualora le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità e intensità equivalenti.

Cassazione penale sez. VI, 23/01/2019, n.4935

Maltrattamenti in famiglia: attendibilità della persona offesa

L’attendibilità della persona offesa per la quale è necessario un riscontro più rigoroso se è portatrice di interessi, nel reato di maltrattamenti in famiglia, per il quale in genere il riscontro non può essere fatto attraverso altre testimonianze perché consumato in genere nell’intimità della vita domestica, è necessario valorizzare elementi idonei a confortare la credibilità del narrato.

(Nel caso di specie, le dichiarazioni delle persone offese del reato di maltrattamenti in famiglia erano intrinsecamente attendibili, analitiche e prive di contraddizioni, nè erano emersi, durante il dibattimento, elementi che consentivano di dubitare della credibilità delle stesse).

Tribunale Torre Annunziata, 18/12/2018, n.2803

Maltrattamenti in famiglia e separazione legale

È configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno di persona non convivente o non più convivente con l’agente, quando quest’ultimo e la vittima siano legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione, atteso che la convivenza non rappresenta un presupposto della fattispecie e, pertanto, quanto al rapporto tra i coniugi, la separazione legale non esclude il reato quando le condotte persecutorie incidano sui vincoli di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, nonché di collaborazione, che permangono integri anche seguito della cessazione della convivenza.

Cassazione penale sez. VI, 05/12/2018, n.6506

Reato di maltrattamenti in famiglia: cos’è?

Il delitto di maltrattamento in famiglia resta integrato da una serie di atti lesivi dell’integrità fisica o della libertà o del decoro del soggetto passivo nei confronti del quale viene così posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica tale da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza, dovendo poi l’elemento psichico concretizzarsi nella volontà dell’agente di avvilire e sopraffare la vittima unificando i singoli episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest’ultima, non rilevando, nella natura abituale del reato, che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell’agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo.

Cassazione penale sez. VI, 20/11/2018, n.761

Scontri tra genitori e violenza passiva verso i figli

È  configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. se la conflittualità tra i genitori coinvolge indirettamente anche i figli quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri che si svolgono all’interno delle mura domestiche.

Cassazione penale sez. VI, 23/02/2018, n.18833

Maltrattamenti in famiglia: è necessario il requisito della convivenza?

È configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche nei confronti del coniuge separato che attraverso persecuzioni telefonicheingiurieminacce e violenze private, ha reso “abitualmente dolorosa” la relazione con la moglie e i figli. Lo ha stabilito la Cassazione affermando che il reato di cui all’articolo 572 del Cp scatta a prescindere dal requisito della convivenza e, quindi, anche per i non conviventi legati da vincoli che nascono dal coniugio o dalla filiazione.

Per la Corte “il reato persiste anche in caso di separazione legale tenuto conto del fatto che tale stato, pur dispensando i coniugi dagli obblighi di convivenza e fedeltà, lascia tuttavia integri i doveri di reciproco rispetto, di assistenza morale e materiale nonché di collaborazione”.

E ciò trova conferma anche nella novella dell’articolo 612-bis del Cp che, nel prevedere una forma aggravata del reato di atti persecutori ove questi siano rivolti nei confronti del coniuge separato, “genera un concorso apparente di norme con il reato previsto dall’art. 572 c.p. ogni volta che, come nel caso di specie, gli atti di maltrattamento siano rivolti nei confronti del coniuge separato“.

Cassazione penale sez. VI, 13/12/2017, n.3356

Maltrattamenti in famiglia tra ex conviventi con figli

La cessazione della convivenza more uxorio non esclude la configurabilità di condotte di maltrattamento tra i componenti della coppia ex art. 572 c.p. quando il rapporto personale di fatto sia stato il risultato di un progetto di vita fondato sulla reciproca solidarietà ed assistenza, la cui principale ricaduta non può che essere il derivato rapporto di filiazione e, pertanto, la permanenza del complesso di obblighi verso il figlio, per il cui adempimento la coppia, anche se non più convivente, è chiamata a relazionarsi sulla base del permanere dei doveri di collaborazione e di reciproco rispetto.

Cassazione penale sez. VI, 20/04/2017, n.25498

Maltrattamenti in famiglia e convivenza di fatto 

La convivenza di fatto tra imputato e persona offesa può essere elemento sufficiente per riscontrare la sussistenza del reato di maltrattamento in famiglia.

Cassazione penale sez. VI, 19/04/2017, n.31595

Comportamenti vessatori abituali

Il reato di maltrattamenti in famiglia, di cui all’art. 572 c.p., è un reato abituale caratterizzato dalla presenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, che, isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili o non perseguibili, ma che, invece, acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo.

Tali episodi integranti un comportamento abituale devono rendere manifesta l’esistenza di un programma criminoso animato da una volontà unitaria di vessare il soggetto passivo con la consapevolezza del soggetto agente di persistere in una condotta vessatoria. Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto sussistenti gli episodi di sopraffazione e la consapevolezza da parte dell’agente dell’oppressione della personalità della sua convivente causata dai suoi comportamenti, al punto tale che la persona offesa si era isolata totalmente nei rapporti familiari.

Tribunale Taranto sez. I, 30/01/2017, n.141

Maltrattamenti in famiglia: è reato abituale?

Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un’ipotesi di reato abituale, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti; fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario; ne deriva che il termine di prescrizione decorre dal giorno dell’ultima condotta tenuta.

Cassazione penale sez. VI, 04/11/2016, n.52900

Danno di persona non convivente

È configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno di persona non convivente o non più convivente con l’agente, quando quest’ultimo e la vittima siano legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione.

(In motivazione, la S.C. ha altresì precisato che la convivenza non rappresenta un presupposto della fattispecie e, pertanto, quanto al rapporto tra i coniugi, la separazione legale non esclude il reato quando le condotte persecutorie incidano sui vincoli di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, nonché di collaborazione, che permangono integri anche seguito della cessazione della convivenza).

Cassazione penale sez. II, 05/07/2016, n.39331

Maltrattamenti in famiglia e sfruttamento

Le condotte che, alternativamente o congiuntamente, costituiscono la fattispecie criminosa di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù hanno tutte in comune lo stato di sfruttamento del soggetto passivo, ed implicano per loro natura il maltrattamento con il soggetto passivo, a prescindere dalla percezione che questi ne abbia, sicché non può ritenersi, in ragione del principio di consunzione, il concorso con il reato di maltrattamenti in famiglia, che può invece ritenersi sussistente solo nel caso di assenza di una condizione di integrale asservimento ed esclusiva utilizzazione del minore ai fini di sfruttamento economico, quando la condotta illecita sia continuativa e cagioni al minore sofferenze morali e materiali.

Cassazione penale sez. V, 19/02/2016, n.15632

Convivenza e condotte illecite

Il delitto di maltrattamenti in famiglia deve ritenersi configurabile anche ove le condotte illecite siano poste in essere nei confronti del convivente more uxorio; è necessario, ai fini di tale configurazione, che il rapporto tra i soggetti coinvolti, benché soltanto di fatto, sia connotato da stabilità e reciproca assistenza e protezione.

(Nella specie, il fatto che l’imputato e la parte offesa successivamente alla nascita della figlia avessero deciso di convivere e avessero preso in locazione una casa familiare nonché la circostanza che l’imputato, ancorchè si fosse reso protagonista di frequenti allontanamenti dalla casa familiare, avesse continuato a pagare il canone di locazione le quote condominiali e le bollette relative alle utenze dell’abitazione, costituivano elementi che inducevano a ritenere sussistente un comune intento della coppia di iniziare e proseguire una stabile convivenza con caratteristiche della famiglia di fatto, cioè a dire un progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza).

Cassazione penale sez. II, 17/02/2016, n.8401

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